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Marshall e il progresso economico

21 Feb

di Cosimo Perrotta

Katia Caldari e Tamotsu Nishizawa sono i curatori dell’ultimo libro (lasciato incompiuto alla sua morte: 1924) di Alfred Marshall, quello sul progresso economico (1). Il vasto manoscritto, pubblicato qui in modo completo per la prima volta, si presenta a diversi livelli di elaborazione, dai meri appunti di qualche capitolo alla stesura completa di altri. All’importanza di questa prima edizione organica si aggiunge il prezioso apparato di note, richiami e riferimenti dei curatori, la loro presentazione generale e quelle che hanno premesso ai tre libri del manoscritto.

Tutto questo forma una fittissima rete di rimandi ad altri testi di Marshall, spesso molto significativi, ai pareri espressi dai suoi contemporanei e agli approfondimenti dei maggiori studiosi di Marshall sui vari problemi trattati. Questo eccellente lavoro filologico ci fornisce un quadro complessivo dell’atteggiamento di Marshall verso il progresso economico; un tema in cui l’autore rivela le sue motivazioni ideali più profonde.

In che consiste in sostanza, secondo Marshall, il progresso economico? Coerentemente con i suoi Principi di economia (1890), l’autore non mette al centro la crescita economica né l’aumento della ricchezza materiale. Base e scopo finale del progresso è quella che oggi chiameremmo la crescita del capitale umano, ma anche la crescita del capitale sociale. Il progresso cioè è una maturazione degli individui, la quale – sebbene richieda una consistente base di ricchezza materiale e di progresso tecnico – si realizza soprattutto come crescita culturale e morale.

Il grande motore di questo processo di crescita è l’istruzione (education), intesa come studio e specializzazione, ma anche come educazione delle proprie facoltà morali e del corretto rapportarsi agli scopi della comunità. L’istruzione e la conoscenza accrescono la produttività del lavoratore, aumentano la stima di se stesso e gli conferiscono dignità. Esse possono far uscire gli operai manuali dal loro stato di trascuratezza, di rozzezza di costumi e intellettuale e dar loro uno scopo.

Marshall non disgiunge mai in questa prospettiva di crescita del capitale umano l’aspetto produttivo da quello conoscitivo e mai separa questi dalla crescita morale. Egli è talmente preoccupato di mantenere questa unità organica e di non trascurare nessuna precisazione e delimitazione che il suo discorso finisce talvolta per essere di mero buon senso.

Il progresso, per l’autore, è la via inevitabile per elevarsi, ma deve avvenire gradualmente, senza salti, per evitare drammatici ritorni indietro. La concorrenza è necessaria al bisogno di fiducia in se stessi ma deve svolgersi entro un atteggiamento cooperativo e di lealtà verso le istituzioni, per non essere dirompente e controproducente. La disuguaglianza economica è necessaria, come riconoscimento del merito che muove il mercato, ma non dev’essere eccessiva per non demotivare chi parte sfavorito (la stessa cosa sulla disuguaglianza avevano ripetuto spesso gli illuministi).

Marshall quindi avanza l’idea, sempre ritornante, di ridurre la disuguaglianza dei punti di partenza. Una riduzione difficile se si pensa ai corollari del principio della proprietà privata, universalmente accettati (diritto di successione, libera accumulazione dei beni mobili e immobili, ecc.). Marshall però coniuga quest’idea soprattutto come dovere dello stato di promuovere il più possibile l’istruzione dei ceti bassi. Tanti altri autori avevano attribuito un’importanza cruciale all’istruzione dei lavoratori, a partire da Smith; fra gli altri Dunoyer, List, J.S.Mill.

Ma dobbiamo chiederci: è vero, come credeva Marshall, che l’istruzione e la qualificazione del lavoratore risolvono il problema della sua occupazione, e quello di un lavoro dignitoso e ben retribuito? Non è vero; la drammatica esperienza dei nostri giorni sta a dimostrarlo: la crescita impetuosa dell’istruzione di massa, che è avvenuta a tutti i livelli, non protegge dalla disoccupazione e dal lavoro precario. Questa constatazione rivela un certo carattere idilliaco e un po’ illusorio dell’analisi di Marshall, la quale ignora ogni conflitto, a partire da quello fra gli interessi del profitto e l’interesse generale.

Marshall infatti rimprovera i genitori delle classi umili che non investono nell’istruzione dei figli. Ma Eisdell aveva già spiegato bene perché ciò avveniva. La ricchezza di un paese, egli scrive, dipende dalla specializzazione, ma noi non possiamo avere abbastanza specializzati perché i lavoratori sono troppo poveri per mandare i figli agli studi. Perciò abbiamo un eccesso di lavoro non qualificato (2).

Tuttavia, oggi l’insegnamento di Marshall potrebbe essere prezioso per lanciare finalmente l’economia post-industriale, basata necessariamente sulla crescita del capitale umano.

Alfred Marshall’s Last Challenge. His Book on Economic Progress, edited and introduced by K. Caldari and T. Nishizawa,
(2) Eisdell, Joseph, A Treatise on the Industry of Nations …, London: Whittaker, 1839, online, II, pp. 255-64.

I Nobel per l’economia 2019: come alleviare la povertà

11 Nov

di Piero Rizzo

Il premio Nobel per l’economia 2019 è stato conferito a tre accademici USA: Abhijit Banerjee
e Esther Duflo (del MIT) e Michael Kremer (Harvard) “per il loro approccio sperimentale per alleviare la povertà globale”.
Anche se negli ultimi decenni si sono fatti dei progressi, la povertà globale riguarda ancora oltre 700 milioni di persone. Cinque milioni di bambini sotto i cinque anni muoiono ogni anno per malattie facilmente curabili. La grande maggioranza di bambini nei paesi a basso e medio reddito abbandona la scuola senza alfabetizzazione di base e capacità di calcolo.
“La ricerca condotta dai vincitori di quest’anno ha notevolmente migliorato la nostra capacità di combattere la povertà globale. In soli due decenni il loro nuovo approccio basato sugli esperimenti ha trasformato l’economia dello sviluppo “ ha dichiarato la Royal Swedish Academy.
Quest’anno, ed è una novità, il riconoscimento si basa sulla progettazione, attuazione e controllo di una serie di esperimenti condotti sul campo. Riportiamo alcuni dei risultati ottenuti con le ricerche dei Nobel.

Istruzione
Nei paesi a basso reddito i libri di testo sono scarsi e i bambini spesso vanno a scuola affamati. I risultati migliorerebbero se avessero accesso a più libri di testo? O sarebbe più efficace dare loro pasti scolastici gratuiti? Per rispondere a questo tipo di domande, a metà degli anni ’90, Michael Kremer e collaboratori hanno fatto ricerche nel Kenya occidentale rurale.
I primi esperimenti hanno dimostrato che né più libri di testo né pasti scolastici gratuiti incidono sull’apprendimento. Da esperimenti successivi è risultato che il problema principale non è la mancanza di risorse ma il fatto che l’insegnamento non corrisponde ai bisogni degli alunni.
Alla luce di questi risultati Banerjee, Duflo e collaboratori hanno studiato programmi di tutoraggio correttivo in due città indiane. A Mumbai e Vadodara alcuni assistenti didattici sostenevano i bambini con bisogni speciali. Le scuole sono state suddivise in modo casuale in diversi gruppi, consentendo ai ricercatori di misurare in modo credibile gli effetti degli assistenti didattici.
Il sostegno mirato agli alunni deboli ha avuto forti effetti positivi, anche a medio termine. Lo studio è stato l’inizio di un processo interattivo, in cui i nuovi risultati della ricerca sono andati di pari passo con programmi sempre più vasti per sostenere gli alunni. Tali programmi hanno ora raggiunto oltre 100.000 scuole indiane.
In altri esperimenti il focus è stato spostato sulla mancanza di incentivi e responsabilità per gli insegnanti, che crea un forte assenteismo. Per aumentarne la motivazione, gli insegnanti sono stati assunti con contratti a breve termine con la clausola di estenderne il periodo a chi avesse ottenuto risultati positivi. Gli alunni che avevano insegnanti con questo tipo di contratto conseguivano nei test risultati migliori, mentre la riduzione del numero di alunni per insegnante a tempo indeterminato non aveva effetti significativi.
Salute
Una questione importante è se le medicine e l’assistenza sanitaria debbano essere pagate e, in tal caso, quanto dovrebbero costare. Kremer ha condotto un’indagine per stabilire come il prezzo influenzi la domanda di pillole contro le infezioni parassitarie. Ha scoperto che il 75% dei genitori ha dato ai figli le pillole finché erano gratuite. Solo il 18% ha continuato quando è stato introdotto il costo di meno di un dollaro USA. Ulteriori esperimenti hanno portato alla stessa conclusione: i poveri sono molto sensibili ai prezzi se si tratta di investimenti nell’assistenza sanitaria preventiva.
La bassa qualità del servizio è un’altra spiegazione del perché le famiglie povere investano così poco in misure preventive. Ad esempio, il personale delle vaccinazioni è spesso assente dal lavoro. Banerjee e Duflo hanno indagato se le cliniche mobili di vaccinazione, col personale sempre sul posto, avrebbero risolto il problema. I tassi di vaccinazione sono triplicati, passando dal 6% al 18%. Il tasso aumenta ulteriormente al 39%, se le famiglie ricevono un sacco di lenticchie quando vaccinano i figli.
Credito
Esperimenti sul campo sono stati utilizzati per valutare l’efficacia dei microcrediti. Banerjee e Duflo hanno trovato che ad Hyderabad il microcredito aveva effetti positivi limitati sugli investimenti delle piccole imprese esistenti e nessun effetto sui consumi o su altri indicatori di sviluppo.
In chiusura, qualche considerazione. Per la cosiddetta cooperazione allo sviluppo i paesi sviluppati hanno erogato negli ultimi decenni 2 trilioni di dollari ai paesi poveri. Ma quella cifra include gli aiuti per gli armamenti, quelli per l’estrazione di minerali portati in Occidente, ecc. Secondo il Nobel per l’economia, Angus Deaton, questo fiume di danaro ha ritardato lo sviluppo, perché ha puntellato il potere degli autocrati di turno e ha favorito la corruzione. Ora che altri Nobel hanno tracciato il percorso, è auspicabile che si cambi registro .

https://www.nobelprize.org/prizes/economic-sciences/2019/summary/

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I posti di lavoro offerti che restano vacanti: l’illusione ottica

7 Ott

 

di Cosimo Perrotta (7/X/2019)

I media del 6-7 ottobre riportano i dati della ricerca di Excelsior e Unioncamere sui contratti di lavoro offerti dalle imprese che rimangono scoperti. I posti scoperti stanno crescendo e sono arrivati alla cifra rilevante di 1,2 milioni. Questo appare strano in presenza di una disoccupazione molto vicina al 10% (31% quella giovanile e quasi 52% quella giovanile al Sud).

La ricerca suggerisce – come ha già fatto altre volte – che la causa maggiore di questa anomalia sta nella carente o distorta formazione professionale, innanzitutto quella della scuola, che non prepara ragazzi con le competenze tecniche necessarie. Tanto è vero, si dice, che restano vacanti soprattutto offerte di lavori specializzati, come analisti e progettisti di software, programmatori, saldatori, insegnanti di lingue, cuochi (ma si noti che in cima alla lista dei posti vacanti ci sono anche camerieri e baristi). Infatti, alcuni posti restano vacanti per mancanza di candidati, altri perché i candidati mostrano di essere incompetenti.

Che questa sia una causa importante non c’è dubbio. Le riforme della scuola negli ultimi 30 anni, con innovazioni scriteriate, hanno fatto di tutto per abolire la preparazione ai mestieri negli istituti professionali (che erano nati proprio a questo scopo) e la preparazione tecnica negli istituti tecnici industriali. Il risultato è che i ragazzi sono demotivati nello studio, che non dà loro un’identità professionale; e gli insegnanti sono demotivati e disorientati nell’insegnamento.

D’altra parte la formazione pubblica di nuovo tipo (informatica, robotica, biotecnologie, organizzazione), soprattutto a livelli medio-bassi, non esiste. Non solo non esiste nella scuola, ma non viene fatta nemmeno dai costosi apparati – ben poco produttivi – della formazione regionale.

Detto questo, però, vanno evitate le spiegazioni semplici, perché il fenomeno ha cause molteplici. Innanzitutto è probabile che molti dei contratti offerti non siano invitanti, o per la bassa retribuzione o – soprattutto – perché si tratta di contratti a termine (che stanno aumentando). La prova sta nel fatto che nel Nord ogni 100 disoccupati ci sono 84 posti di lavoro che restano scoperti, mentre nel Sud i posti scoperti ogni 100 disoccupati sono solo 18. Come si spiega questa fortissima differenza? Non certo perché la formazione nel Sud sia migliore.

La causa è che nel Nord, con una disoccupazione che è meno del 6%, i giovani hanno maggiori possibilità di scelta, e i più capaci spesso emigrano, trovando all’estero contratti molto migliori. Nel Sud invece, con un’altissima disoccupazione, i giovani devono accontentarsi di quello che trovano. Né il fenomeno si può risolvere dicendo ai disoccupati del Sud di andare al Nord a occupare i posti vacanti. Se i contratti danno paghe misere e temporanee, come farebbero questi giovani meridionali a mantenersi fuori di casa?

Ma quel che più conta è il processo profondo della trasformazione del lavoro in Occidente. C’è un progressivo spostarsi del lavoro dalle mansioni materiali a quelle immateriali. Questo è una fenomeno inevitabile in tutte le economie ad alto sviluppo. Qui il disprezzo del lavoro manuale che viene lamentato – a volte a ragione – non c’entra niente. C’entra il passaggio da una produzione prevalentemente industriale ad una prevalentemente di servizi e di attività quaternarie (scuola, ricerca, attività culturali).

La maggior parte dei giovani europei, sia per la formazione ricevuta sia per il tenore di vita delle loro famiglie, non può accontentarsi di lavori materiali molto inferiori alla formazione ricevuta e al reddito atteso. Che senso avrebbe accettare lavori materiali, mal pagati, dopo vent’anni di istruzione? Che investimento sarebbe questo?

Il relativo abbandono dei lavori materiali da parte dei giovani europei è inevitabile. La domanda di lavori di questo tipo può essere benissimo soddisfatta dagli immigrati, che hanno un livello medio di istruzione inferiore e una capacità di adattamento enormemente maggiore a causa del loro estremo bisogno di lavorare.

La soluzione quindi non sarebbe affatto difficile. Ancora una volta i processi reali spingono verso soluzioni razionali, che le istituzioni e la classe dirigente non riescono a vedere. Tanto è vero che la risposta dei governi occidentali all’immigrazione clandestina è di selezionare gli immigrati, accogliendo quelli ad alta qualificazione e mandando via quelli poco qualificati. Il motivo sarebbe che i primi contribuiscono allo sviluppo e non pesano sulla collettività, per gli altri varrebbe il contrario.

Naturalmente questa assurda strategia non risolverebbe affatto il problema dei posti vacanti, ma lo aggraverebbe. Bisogna invece usare le risorse umane e finanziarie destinate alla formazione per i lavori materiali (risorse che adesso sono in eccesso) per istruire non solo gli europei che prendono quella strada ma anche gli immigrati.

I N.E.E.T.: le politiche per l’apprendistato

17 Mar

di Anna Villani 

Un altro fattore che può spiegare l’alta percentuale di NEET in Italia è l’elevato tasso di dispersione scolastica fra i giovani che non lavorano. Una maggiore diffusione dell’apprendistato, anche quello previsto per il completamento della scuola dell’obbligo, potrebbe contribuire a ridurre l’abbandono scolastico e il tasso di giovani NEET. Continua a leggere

I N.E.E.T.: il nuovo spettro che si aggira per l’Europa

10 Mar

di Anna Villani

 La popolazione giovanile tra i 15 e i 29 anni che non studia o non partecipa più ad un percorso di formazione ma non è neppure impegnata in attività lavorativa (i c.d. NEET: Not in Education, Employment or Training) in Italia è molto più elevata rispetto alla media europea (20,6% a fronte del 14,7%).

Il Progetto “Governance nazionale” di Italia-Lavoro del 2011 ha fatto un’analisi comparata sui dati europei, in modo da individuare le politiche attive più efficaci per ridurre il numero dei NEET. Continua a leggere

Sport e società: dalla competizione alla corruzione *

3 Feb

 di Giacomo Becattini **

1. Lo sport nell’educazione di un paese

Domandiamoci: qual è la funzione principale dello sport nella civiltà contemporanea? La funzione oggettiva dello sport è, molto in generale, la scoperta e valorizzazione di tutte le proprietà positive, manifeste e latenti, del corpo umano. Ma c’è un’altra funzione dello sport, meno diretta e meno percepita, ma ancor più importante di quella: generare, nella testa dei suoi praticanti, una cultura dell’emulazione leale e, negli sport di squadra, di collaborazione leale. Continua a leggere

La trasmissione delle disuguaglianze fra generazioni

4 Nov

di Anna Villani

In tutti i paesi occidentali i livelli di istruzione raggiunti dai figli risentono del carattere delle famiglie di origine (Franzini e Raitano 2010).

Nella maggior parte dei paesi nordici, gli effetti delle condizioni economiche familiari sono limitati; sia gli effetti diretti (nella fase lavorativa) che quelli indiretti (nella fase formativa), mentre l’opposto si verifica nei paesi mediterranei (indagine ISTAT EU-SILC 2005).

Esistono numerosi studi empirici dedicati alla persistenza intergenerazionale delle disuguaglianze (vantaggi e svantaggi di intensità variabile) nei diversi paesi. Tra i paesi avanzati, l’Italia ha la maggiore persistenza, insieme a Stati Uniti, Regno Unito e Svizzera. Continua a leggere

Bando Ritorno al Futuro – Borse di Studio Regione Puglia

5 Ago

ritorno-al-futuro2013Agevolare i percorsi di alta formazione per battere la crisi occupazionale giovanile è l’obiettivo che l’amministrazione regionale pugliese intende perseguire con l’emanazione del nuovo bando “Ritorno al Futuro”. Il bando, approvato con il provvedimento dirigenziale n.765 del Servizio Formazione Professionale, è pubblicato, con i relativi Allegati, nel bollettino ufficiale regionale n.103 del 25 luglio 2013. Per la quinta edizione dell’avviso si rendono fruibili diciotto milioni di euro, con particolare interesse per i master da seguire fuori del territorio nazionale. Sono finanziabili interventi di formazione per i quali è prevista la conclusione, compreso l’eventuale esame finale, entro il 31 luglio 2015. Gli importi riconosciuti a ciascun beneficiario sono erogati al lordo delle ritenute fiscali.
La scadenza dell’avviso è fissata alle ore 14.00 del giorno 20 settembre 2013. Continua a leggere

La crescita e l’occupazione nella crisi generale del sistema

30 Mag

Continuano gli interventi chiesti ad alcuni economisti sui 5 o 6 provvedimenti prioritari per rilanciare la crescita e L’OCCUPAZIONE PRODUTTIVA in Italia. Sono state già pubblicate le risposte di Pini, Pettenati, Messori, Vera Negri Zamagni, Stefano Zamagni e Costabile (prima parte).

 Oggi risponde Anna Pellanda

Prof. ordinario di Economia Politica, Univ. di Padova

lavoroL’invito a proporre misure per rilanciare la crescita e l’occupazione è molto stimolante. Altri colleghi hanno già risposto e le loro indicazioni sono tutte validissime. In questo breve articolo si vuole riflettere sul perché si sia giunti in Italia ad un livello così basso non solo in termini di crescita e disoccupazione ma di degenerazione morale e civile. Continua a leggere

Roma: Corso avanzato Innovazione, crescita, produzione internazionale

19 Mar

INNOVAZIONEAl via l’ottava edizione del corso avanzato Innovazione, crescita, produzione internazionale che si terrà a Roma dal 15 al 19 aprile 2012 (scarica il programma).

Per informazioni e iscrizioni, scrivere a: Valeria Cirillo, valeriacirillo@hotmail.it Continua a leggere