Governare la crisi migratoria

di Piero Rizzo
Migranti e Sviluppo – Commenti esteri – 14

Il rapporto di “EuropeNow”, del Consiglio per gli Studi Europei, Governing the Migration Crisis, confronta l’atteggiamento della società civile, che ha mostrato spesso compassione per la condizione dei rifugiati, e quello dei partiti populisti, soprattutto di destra (ma non solo), che hanno strumentalizzato l’afflusso dei migranti per la mobilitazione politica.
Riportiamo, liberamente tradotti, stralci dell’introduzione.

Gli anni 2015-16 sono stati i più turbolenti per i recenti movimenti di rifugiati in Europa e in Nord America. Dal 2011 al 2015, il numero di sfollati è salito da 42,5 a 65,3 milioni a livello mondiale. Soprattutto in Europa, le immagini di persone che fuggono attraverso il Mediterraneo in barche sovraccariche ed inaffidabili sono diventate quasi routine. L’Europa ha raggiunto un accordo con la Turchia e, più di recente, con la Libia, con l’obiettivo di tenere lontani dall’Europa gli immigrati “irregolari”. Le frontiere sono diventate sempre più militarizzate e l’agenzia UE per la protezione delle frontiere, Frontex, ha messo in atto misure sempre più aggressive per impedire ai rifugiati di intraprendere il loro pericoloso viaggio verso l’Europa.
L’attuale quadro giuridico, a livello internazionale e statale, distingue tra “migranti” per ragioni economiche, “rifugiati” che hanno necessità di protezione e “richiedenti asilo “(che cercano protezione ma non sono stati riconosciuti dall’UNHCR come rifugiati).
Mentre queste distinzioni appaiono chiare in teoria, in pratica sono difficili e lunghe da determinare. Come affermano Stephen Castles e Anthony Richmond, questa difficoltà nasce dal fatto che le motivazioni dei migranti sono un continuum: necessità di protezione, difficoltà economiche e legami familiari spesso si sommano. Inoltre, le politiche restrittive sull’immigrazione hanno reso difficile l’attraversamento delle frontiere attraverso canali ufficiali per tutti, con l’eccezione dei più privilegiati al mondo, come i cittadini degli Stati OCSE.
La seconda grande sfida è di tipo morale ed etico. La crescente domanda di essere accolti dagli stati ricchi, causata in gran parte da decenni di politiche sempre più restrittive, e la crescente disuguaglianza su scala globale sono problemi che non possono essere risolti sigillando i confini. L’Europa è un caso ad hoc: la Carta dei diritti fondamentali dell’UE impone a tutti gli Stati membri il rispetto del diritto all’asilo (articolo 18) e l’UE si sente totalmente impegnata nella tutela dei diritti umani. Tuttavia, proteggendo in modo più aggressivo le sue frontiere esterne, limitando gravemente l’assistenza umanitaria nel Mar Mediterraneo e impedendo ai rifugiati di raggiungere il continente, le democrazie europee rischiano di compromettere i propri valori costitutivi.
A questo proposito si sono create due tendenze opposte nei paesi europei: da un parte la società civile ha dimostrato grande compassione per la condizione dei rifugiati (mentre in Canada ha fatto pressione sul governo per accettare più profughi dalla Siria). Dall’altra parte, il populismo di destra ha sfruttato l’afflusso di tanti rifugiati per la mobilitazione politica. In tutto il continente, anche tra i partiti tradizionali, si diffondono sentimenti anti-immigranti. La solidarietà con i rifugiati e i migranti irregolari si dimostra fragile e dipendente dalle politiche ricettive dei governi.

Governing the Migration Crisis