di Cosimo Perrotta – 31-X-2022
L’Italia ha una terribile fame di investimenti per i servizi pubblici (1). Ormai i pazienti di reddito medio-basso sono costretti a file e liste di attesa estenuanti per fare analisi che li potrebbero salvare. Invece di dare i soldi pubblici alle cliniche private convenzionate, si dovrebbero assumere nuovi medici e infermieri, fare nuovi ospedali, fare campagne di prevenzione, creare presidii su un territorio ormai sguarnito.
Ci vogliono investimenti per la scuola pubblica, per bloccare il disastro edilizio che mette a rischio gli studenti, per l’aggiornamento professionale e l’incentivazione del merito dei docenti, la riqualificazione degli istituti professionali e tecnici, la lotta alla crescente evasione scolastica. Queste spese dovrebbero sostituire i finanziamenti più o meno surrettizi alle scuole private (cattoliche o laiche, ma sempre per ricchi). In realtà solo la scuola pubblica assicura l’istruzione come promozione sociale e permette ai ragazzi di maturare in un ambiente non artificioso.
Inoltre bisogna investire nei trasporti del Sud e delle altre zone periferiche che sono tagliate fuori dai processi innovatori dell’economia. E’ necessario migliorare le carceri, accrescere il personale e rafforzare lo studio, la socializzazione e l’assistenza ai carcerati, in modo da attuare veramente il compito costituzionale di rieducare. Bisogna creare strutture, personale qualificato e reti organizzative per i migranti, da non lasciare allo sbando, come vuole Salvini.
L’elenco degli investimenti urgenti – anzi, urgentissimi – è ben lontano dal finire qui. Accenniamo solo a qualche altro. C’è da avviare seriamente il riassetto idrogeologico di un paese che è diventato, tutto, una “sfasciume pendulo”, come scriveva Giustino Fortunato della Calabria. Lo stesso vale per il riassetto antisismico degli edifici. Servono quindi tanti geologi, ingegneri, urbanisti e tecnici.
Bisogna iniziare l’uscita dal viluppo di inefficienze, abusi e privilegi indebiti che pesa su gran parte della nostra vita quotidiana. Va aumentato il numero dei magistrati, delle strutture fisiche e organizzative della giustizia, accresciuti gli addetti alla Pubblica Amministrazione, gli ispettori del lavoro, i sorveglianti del traffico e dell’ordine pubblico, gli addetti alla pulizia urbana. Senza questi investimenti non ci sarà mai ripresa economica né aumento dell’occupazione.
Infine bisogna avviare con la massima urgenza la transizione ecologica – cosa mai fatta – per evitare almeno i frutti peggiori dell’inquinamento ambientale e del surriscaldamento climatico. Questa doppia transizione richiede specialisti ed esecutori di ogni tipo. Occorre depurare dai vari fattori inquinanti fiumi e mari, l’agricoltura e i boschi, l’aria e gli insediamenti urbani. Occorre sostituire le fonti energetiche e costruire le reti di stoccaggio e diffusione dell’energia verde.
Nessuno può negare la necessità e l’urgenza di questi investimenti. Ma di fatto l’attuale governo le nega. Le sue priorità sembrano essere respingere i migranti, togliere il reddito di cittadinanza a chi non trova lavoro, premiare l’evasione fiscale togliendo l’obbligo del POS e il limite all’uso dei contanti.
Eppure queste spese sono l’unico modo per rilanciare lo sviluppo e il benessere. La via è la crescita del capitale umano, che allo stesso tempo aumenta la produttività del sistema e aumenta i consumi.
E’ per questo che queste spese sono investimenti. L’austerità ci ha ingannato per decenni dicendo che bisognava spendere poco per risanare il bilancio pubblico. Ma il debito è peggiorato nonostante l’avanzo primario degli ultimi decenni. Si è innescata una spirale discendente in cui l’abbassamento dei consumi ha ridotto la domanda e quindi le aspettative di vendita delle imprese; la conseguente diminuzione degli investimenti, privati ma anche pubblici, hanno depresso i redditi bassi, esteso la povertà, ridotto l’occupazione e abbassato ancor più la domanda.
Oggi gli investimenti privati non bastano a rilanciare da soli lo sviluppo; per questo intristiscono spesso nella produzione ripetitiva di beni il cui mercato è già saturo. E per questo i capitali vanno sempre più verso la speculazione finanziaria o immobiliare. Ma, oltre un certo livello, i guadagni di questo tipo, chiamati profitti, sono in realtà rendite parassitarie, che invece di creare ricchezza la distruggono.
Diranno che non ci sono i soldi per questi investimenti, ma non è vero. Basterebbe abbassare l’evasione fiscale al livello degli altri paesi sviluppati e tassare una tantum i redditi dell’10% più ricco per avere i soldi necessari ad avviare la ripresa. Il resto verrebbe dagli investimenti privati, incoraggiati e garantiti dall’impegno pubblico, e dall’aumento dei consumi indotto dall’occupazione che si crea.
Per avere buoni profitti non bisogna quindi comprimere i salari, ma alzarli (grazie a una vasta occupazione) come spiegava il dimenticato sig. Keynes.
(1) V. anche Francesco Cancellato, nel condurre Prima Pagina di Rai 3 del 30 ottobre scorso.