La privatizzazione del Servizio sanitario nazionale (Ssn) in Italia – 2a parte

13 Mag


a cura di Cosimo Perrotta

Divisione fra regioni
Le regioni dl Centro-Nord incassano 4 miliardi in più rispetto al Sud grazie alle migrazioni sanitarie. In 12 regioni su 21 le cure minime non sono garantite. Quasi 2 milioni di italiani rinunciano alle cure (Istat). C’è un peggioramento nella prevenzione e aumentano le disuguaglianze fra regioni. In 16 regioni le prestazioni intramoenia sono più numerose di quelle istituzionali.
In Calabria il Ssn è commissariato da 13 anni e sostenuto in gran parte da medici cubani. Ancora a maggio 2024 si è decisa la chiusura di due ospedali e il ridimensionamento di altri due. Nel Friuli mancano i medici di base, i pronto soccorso sono al collasso, le attese per le analisi interminabili e c’è un’imponente fuga di operatori sanitari. Lazio e Campania non hanno utilizzato il 68% delle risorse disponibili per la sicurezza degli ospedali, per l’incapacità dei Comuni di spendere questi fondi e per le procedure farraginose.

Le vere politiche del governo
Il governo attuale afferma che ha aumentato più di tutti i precedenti governi la spesa per il Ssn, ma calcolando l’inflazione la spesa è diminuita del 6,2%. Dal 2023 al ’24 la spesa sanitaria prevista cala di quasi 2 miliardi. Nel 2025-26, si ridurrà, per l’inflazione, del 4% (anche rispetto al PIL). Il governo ha tagliato 510 strutture sanitarie previste dal PNRR perché troppo costose.
Il decreto sul PNRR, riscritto dal governo, sposta 1,2 miliardi dall’ammodernamento delle attrezzature sanitarie al fondo generale per l’edilizia ospedaliera. In tal modo il loro impiego non deve più avvenire entro il 2026. Nonostante la spesa di 25 miliardi negli ultimi sei anni per queste attrezzature, ce ne sono ancora 37mila da rinnovare.
Lo stesso vale per 400 Case di comunità previste dal PNRR, da fare (forse) con altri fondi. Viene inoltre facilitata l’assunzione con contratti a termine o per liberi professionisti (facilitando i medici a gettone). Infine, si prevede l’assunzione nei consultori di operatori a sostegno della maternità (di fatto anti-aborto). La scadenza per sostituire 3.100 grandi apparecchi ospedalieri (con 1,2 miliardi del PNRR) è rinviata sine die.
Nel decennio 2010-19 i governi hanno sottratto al Ssn oltre 37 miliardi. Ora i tagli sono finiti, ma l’aumento di spesa è tutto assorbito dalle emergenze: Covid, crisi energetica, inflazione. Oggi l’Italia spende 6,8% del PIL per la sanità, meno della media UE e Ocse (7,1%). Nel 2022 si sono spesi ca. 172 miliardi, di cui 130 di spesa pubblica e 41,5 (quasi un terzo) di spesa dei privati. Gli ospedali privati accreditati dovrebbero fornire prestazioni uguali a quelli pubblici, ma non è così perché i privati possono scegliere in quali settori investire, cioè nei più redditizi, lasciando scoperti alcuni settori necessari (come quelli per il Covid e per i pronto soccorso). “Così, se gli ospedali pubblici nel 2022 hanno perso 1,27 miliardi rispetto al 2019, quelli privati hanno guadagnato 57,7 milioni” (Domani 19 dic. 2023).
La ricerca su farmaci e vaccini è in gran parte finanziata dai soldi pubblici ma poi è brevettata dai privati, a cui vanno i profitti, frutto di monopolio.
L’autonomia differenziata, voluta dal governo, sarebbe la fine del Ssn. Già adesso ci sono fortissime differenze. Il governo Conte 2 cercò di rimediare all’intasamento dei pronto soccorso con le case di comunità. Ma Draghi ne tolse 1.400, e Meloni altre 400. Invece per le “farmacie dei servizi”, Meloni ha speso 380 milioni. Nel decennio 2010-19, 14 miliardi sono passati dal Centro-Sud al Nord grazie alla mobilità sanitaria.
L’autonomia differenziata viola i principi indicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, per la quale un Ss universalistico ed equo deve avere un’assistenza decentrata e un finanziamento centralizzato.

Che fare?
Bisogna aumentare gli investimenti nel Ssn; integrare ospedali e assistenza territoriale (con le Case di comunità). Razionalizzare la distribuzione dei posti letto fra settori. Ma bisogna anche ridurre l’eccesso di prescrizioni diagnostiche e terapeutiche, spesso stimolato dalle ditte private (vedi Ernesto Mola, Sviluppo Felice 2023).
CGIL e UIL affermano giustamente che bisogna tornare alle Usl. Infatti la sciocca riforma delle Asl (Aziende sanitarie locali) non ha senso, perché la Sanità pubblica non serve per fare profitti, Le Asl furono create negli anni ’90 per ridurre gli sprechi, che però ci sono ancora.
Bisogna aumentare di molto gli stipendi dei medici pubblici; portare le ore da 38 a 30 a settimana e premiare il senso di solidarietà che anima tanti medici del settore pubblico.

Le fonti di dati e letture
Corriere della Sera 23-11-2022
Domani 19 e 20/12/2023. 10/1; 5/2/; 29/4/2024
Istat
La Stampa 11/12/2023. 19/4/2024
LaVoce.it 5/10; 1-12/2023
Manifesto 14-7-2022. 3-1; 1-4; 24-8; 12-3-2023. 24/4/2024
Messaggero 5/8/2023
Osservatorio Conti Pubblici Italiani 1/12/2023. 24/1/2024
Prima Pagina, Radio 3, 23-10-2023
Sanità 26/2/2024
Sbilanciamoci 6/9; 29-10; 21-12-2023
Sole-24 Ore 9-1-2024
Sviluppo Felice, articoli di Ernesto Mola 2023.

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